Archivio per Maggio 2020

Il volontariato egoista.

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C’era una volta un Paese Sovranista.

La gente era benestante, ma non ricca. Andava a scuola, ma non era ben istruita. Lavorava, ma controvoglia. 
Un giorno, nel Paese Sovranista nacque una bambina diversa dalle altre. Da grande voleva fare la cooperatrice internazionale. La gente del Paese Sovranista non sapeva neanche cosa fosse, una cooperatrice internazionale, e quindi si spaventò. Qualcuno cercò su Google e scoprì che quella bambina voleva aiutare i bimbi poveri del terzo mondo. Aiutarli a casa loro, come tutti nel Paese Sovranista dicevano sempre di dover fare ma nessuno aveva mai fatto. 

Allora cercarono di convincerla che non era un vero lavoro, che non faceva bene alla Patria, che doveva rimanere a casa a fare la moglie per un Uomo Sovranista che avrebbe badato a lei. Ma lei aveva sentito per anni dire che gli africani andavano aiutati a casa loro, e aveva deciso di farlo personalmente, invece di aspettare che qualcuno lo facesse per lei. 

Per cercare di farle cambiare idea la portarono anche dal Primo Ministro Sovranista, un uomo barbuto, con un sacco di felpe, sempre sorridente e pieno di soluzioni semplici a problemi complessi. Il Primo Ministro Sovranista le mostrò fotografie di gente povera ed affamata, dicendo che se voleva aiutare i poveri poteva farlo nel Paese Sovranista. Ma lei quell’uomo l’aveva visto tante volte in televisione, e gli rispose usando le sue stesse parole: “Nel Paese Sovranista non ci sono guerre e la gente non muore di fame, quindi i sovranisti non hanno davvero bisogno.” E aggiunse: “Se ci sono dei poveri nel Paese Sovranista, che è un Paese benestante, forse il Primo Ministro non fa abbastanza per aiutarli”. Lui smise di sorridere ed iniziò ad urlare: “Prima i sovranisti! Se aiuti gli altri sei un’altruista egoista radical chic con la puzza sotto al naso!” ma lei se n’era già andata.

Così la prima cooperatrice internazionale sovranista andò in una ONLUS sovranista. Che ovviamente non aveva nessuna esperienza di cooperazione internazionale, però la direttrice era stata in vacanza in Kenya e aveva visto un sacco di bambini poveri, quindi la mandò in Kenya. Ma qui la cooperatrice internazionale sovranista venne rapita da un commando di ferocissimi terroristi islamisti, che tuttavia la trattavano bene ed erano gentili. Non si sa se perché non erano poi così feroci o se perché è così che tratteresti qualcuno che vale 4 milioni di dollari sovranisti. Comunque, dopo un po’ la cooperatrice iniziò ad annoiarsi. Tutto il giorno chiusa al buio, aveva perso l’abbronzatura e non sapeva cosa fare. Perciò chiese se avevano un libro. Ma la biblioteca del villaggio non aveva le Ricette di Suor Germana tradotte in arabo. Non aveva nemmeno le poesie di Prevert o l’autobiografia di Chiellini. Aveva solo un libro: il Corano. E così la cooperatrice sovranista iniziò a leggere quello. E quando lo finì, lo iniziò di nuovo. E di nuovo. Intanto imparava l’arabo così da poter comunicare con i carcerieri, e iniziò a fare amicizia con le donne del villaggio che le regalarono anche un vestito. Una roba verde che la faceva sembrare una campana del vetro anche se pesava 50 kg, uno straccio che potrebbe mettersi solo una fashion blogger o l’abitante di un villaggio sperduto in mezzo al nulla africano. Ma a lei piaceva, perché lo associava ai momenti più belli di quella prigionia. E associava a quei momenti anche il Corano, per cui decise di convertirsi all’Islam. Come avevano fatto Mike Tyson e Cat Stevens, cambiò nome e iniziò a pregare rivolta verso La Mecca.
Per citare la frase più famosa che un tizio con tanta barba e tanto cervello non disse mai: “Non è l’animale più forte che sopravvive, né il più intelligente. Ma quello che meglio si adatta all’ambiente.” e lei fece quello che qualunque essere evoluto farebbe: si adattò alla situazione. E riuscì a sopravvivere quasi 2 anni, senza dare segni di squilibrio più grandi di quelli che darebbe il sovranista medio dopo 2 mesi di quarantena. 

Poi, un bel giorno, non si sa perché, forse qualcuno aveva pagato il riscatto, forse si erano impietositi o forse il Paese Sovranista aveva promesso loro uno sconto sul prossimo carico di armi che forniva di nascosto, fatto sta che la liberarono.
E lei era felicissima: finalmente poteva tornare dalla sua mamma sovranista e dal suo papà sovranista per riabbracciarli!
Ma non aveva fatto i conti con il popolo sovranista. Che la vide scendere dall’aereo vestita di verde (ma il verde islamista, non il verde sovranista), con un abito che la faceva sembrare la campana del vetro anche se pesava 50 kg, con un orologio che non somigliava per niente ad un Rolex ma era comunque un orologio e quindi poteva essere un Rolex. A quel punto, quel popolo che non si era mai evoluto e quindi non aveva mai imparato ad adattarsi, quel popolo che aveva sempre detto di aiutarli a casa loro ma mica di persona, che poi se ti avvicini al povero il povero ti infetta con il morbo della povertà, quel popolo che non era in guerra e non moriva di fame, ma aveva comunque bisogno di aiuto, soprattutto dal punto di vista cognitivo e dell’istruzione, ricoprì di insulti e minacce la povera cooperatrice internazionale sovranista. Una ragazza che aveva vissuto 18 mesi tra terribili terroristi assetati di sangue armata solo del suo sorriso, ora avrebbe dovuto vivere sotto scorta per difenderla dai sovranisti 5224229_0628_silvia_romanocivilizzati e progrediti. 

Umberto Eco diceva che ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria. E io aggiungo che non c’è colpa più grande, agli occhi di un ipocrita, che mostrare al mondo le sue ipocrisie.