Il volontariato egoista.

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C’era una volta un Paese Sovranista.

La gente era benestante, ma non ricca. Andava a scuola, ma non era ben istruita. Lavorava, ma controvoglia. 
Un giorno, nel Paese Sovranista nacque una bambina diversa dalle altre. Da grande voleva fare la cooperatrice internazionale. La gente del Paese Sovranista non sapeva neanche cosa fosse, una cooperatrice internazionale, e quindi si spaventò. Qualcuno cercò su Google e scoprì che quella bambina voleva aiutare i bimbi poveri del terzo mondo. Aiutarli a casa loro, come tutti nel Paese Sovranista dicevano sempre di dover fare ma nessuno aveva mai fatto. 

Allora cercarono di convincerla che non era un vero lavoro, che non faceva bene alla Patria, che doveva rimanere a casa a fare la moglie per un Uomo Sovranista che avrebbe badato a lei. Ma lei aveva sentito per anni dire che gli africani andavano aiutati a casa loro, e aveva deciso di farlo personalmente, invece di aspettare che qualcuno lo facesse per lei. 

Per cercare di farle cambiare idea la portarono anche dal Primo Ministro Sovranista, un uomo barbuto, con un sacco di felpe, sempre sorridente e pieno di soluzioni semplici a problemi complessi. Il Primo Ministro Sovranista le mostrò fotografie di gente povera ed affamata, dicendo che se voleva aiutare i poveri poteva farlo nel Paese Sovranista. Ma lei quell’uomo l’aveva visto tante volte in televisione, e gli rispose usando le sue stesse parole: “Nel Paese Sovranista non ci sono guerre e la gente non muore di fame, quindi i sovranisti non hanno davvero bisogno.” E aggiunse: “Se ci sono dei poveri nel Paese Sovranista, che è un Paese benestante, forse il Primo Ministro non fa abbastanza per aiutarli”. Lui smise di sorridere ed iniziò ad urlare: “Prima i sovranisti! Se aiuti gli altri sei un’altruista egoista radical chic con la puzza sotto al naso!” ma lei se n’era già andata.

Così la prima cooperatrice internazionale sovranista andò in una ONLUS sovranista. Che ovviamente non aveva nessuna esperienza di cooperazione internazionale, però la direttrice era stata in vacanza in Kenya e aveva visto un sacco di bambini poveri, quindi la mandò in Kenya. Ma qui la cooperatrice internazionale sovranista venne rapita da un commando di ferocissimi terroristi islamisti, che tuttavia la trattavano bene ed erano gentili. Non si sa se perché non erano poi così feroci o se perché è così che tratteresti qualcuno che vale 4 milioni di dollari sovranisti. Comunque, dopo un po’ la cooperatrice iniziò ad annoiarsi. Tutto il giorno chiusa al buio, aveva perso l’abbronzatura e non sapeva cosa fare. Perciò chiese se avevano un libro. Ma la biblioteca del villaggio non aveva le Ricette di Suor Germana tradotte in arabo. Non aveva nemmeno le poesie di Prevert o l’autobiografia di Chiellini. Aveva solo un libro: il Corano. E così la cooperatrice sovranista iniziò a leggere quello. E quando lo finì, lo iniziò di nuovo. E di nuovo. Intanto imparava l’arabo così da poter comunicare con i carcerieri, e iniziò a fare amicizia con le donne del villaggio che le regalarono anche un vestito. Una roba verde che la faceva sembrare una campana del vetro anche se pesava 50 kg, uno straccio che potrebbe mettersi solo una fashion blogger o l’abitante di un villaggio sperduto in mezzo al nulla africano. Ma a lei piaceva, perché lo associava ai momenti più belli di quella prigionia. E associava a quei momenti anche il Corano, per cui decise di convertirsi all’Islam. Come avevano fatto Mike Tyson e Cat Stevens, cambiò nome e iniziò a pregare rivolta verso La Mecca.
Per citare la frase più famosa che un tizio con tanta barba e tanto cervello non disse mai: “Non è l’animale più forte che sopravvive, né il più intelligente. Ma quello che meglio si adatta all’ambiente.” e lei fece quello che qualunque essere evoluto farebbe: si adattò alla situazione. E riuscì a sopravvivere quasi 2 anni, senza dare segni di squilibrio più grandi di quelli che darebbe il sovranista medio dopo 2 mesi di quarantena. 

Poi, un bel giorno, non si sa perché, forse qualcuno aveva pagato il riscatto, forse si erano impietositi o forse il Paese Sovranista aveva promesso loro uno sconto sul prossimo carico di armi che forniva di nascosto, fatto sta che la liberarono.
E lei era felicissima: finalmente poteva tornare dalla sua mamma sovranista e dal suo papà sovranista per riabbracciarli!
Ma non aveva fatto i conti con il popolo sovranista. Che la vide scendere dall’aereo vestita di verde (ma il verde islamista, non il verde sovranista), con un abito che la faceva sembrare la campana del vetro anche se pesava 50 kg, con un orologio che non somigliava per niente ad un Rolex ma era comunque un orologio e quindi poteva essere un Rolex. A quel punto, quel popolo che non si era mai evoluto e quindi non aveva mai imparato ad adattarsi, quel popolo che aveva sempre detto di aiutarli a casa loro ma mica di persona, che poi se ti avvicini al povero il povero ti infetta con il morbo della povertà, quel popolo che non era in guerra e non moriva di fame, ma aveva comunque bisogno di aiuto, soprattutto dal punto di vista cognitivo e dell’istruzione, ricoprì di insulti e minacce la povera cooperatrice internazionale sovranista. Una ragazza che aveva vissuto 18 mesi tra terribili terroristi assetati di sangue armata solo del suo sorriso, ora avrebbe dovuto vivere sotto scorta per difenderla dai sovranisti 5224229_0628_silvia_romanocivilizzati e progrediti. 

Umberto Eco diceva che ci vuole sempre qualcuno da odiare per sentirsi giustificati nella propria miseria. E io aggiungo che non c’è colpa più grande, agli occhi di un ipocrita, che mostrare al mondo le sue ipocrisie.

 

Da dove vengono tutti questi soldi?

Non sono un economista, non sono uno storico, ma oggi ho letto un post di un onorevole che mi ha lasciato un po’ perplesso.
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Mi ha lasciato perplesso perché è vero: la moneta si può creare in qualsiasi momento, basta stamparla… ma la ricchezza no.
Per capire la differenza, bisogna fare un passo indietro piuttosto grosso.

Agli albori della civiltà, l’uomo viveva di caccia e di raccolta. Ma non erano le uniche mansioni necessarie a mandare avanti un villaggio: servivano anche costruttori, intagliatori, lavoratori di pelli e così via.
Per far funzionare il tutto, ovviamente, era necessario un intenso scambio di beni: materie prime e lavorate, che avveniva attraverso il baratto. Possiamo quindi presumere che ogni prodoto (cibo, legna, utensili, vestiti…) avesse un valore proporzionale alla difficoltà per reperirlo, al tempo impiegato per ottenerlo e alla richiesta.
Quindi, anche senza il denaro, esisteva già una legge della domanda e dell’offerta.
Quindi, anche senza il denaro, chi possedeva molti beni poteva essere definito “ricco”.

Il problema, però, in una società del genere, è lo scambio di prodotti che non sono presenti contemporaneamente nel mercato. Data l’ovvia assenza del frigorifero, ad esempio, il raccolto era disponibile soltanto per poco tempo, poi iniziava a marcire. Ma gli strumenti di lavoro per i coltivatori servivano tutto l’anno. Perciò molti scambi avvenivano “a credito”, con il compratore che lasciava “in pegno” al venditore qualcosa di valore fino a quando non fosse stato in grado di ripagarlo.
Ed è così che nacque il denaro. Il denaro altro non è che un pegno, una promessa di pagamento, cioè un debito. Un debito a cui viene assegnato un valore standard (chiamatela lira, euro, marco, sterlina, dollaro, non fa molta differenza) e che può essere scambiato con altri beni, passando di mano in mano.
Così facendo il debito si “spersonalizza”: nel portafogli non avete più la promessa di un sacco di farina, ma ne avrete il valore equivalente.

Ora, capirete anche da soli che se il denaro in realtà è un debito, non può essere infinito! Esiste un limite al debito che uno Stato è in grado di ripagare, e tale limite corrisponde alla ricchezza che può offrire in garanzia.

Per fare un esempio pratico (semplificando parecchio): se faccio debiti (emettendo denaro) per 2000 monete, ma poi posso ripagarne solo 1000, quelle monete si svaluteranno della metà.
Questa, in economia, si chiama inflazione. Cioè la perdita di potere d’acquisto del denaro perché ne circola troppo, rispetto all’effettivo controvalore dei beni.

Perciò stiamo attenti a parlare di “denaro” pensando solo ai fogli di carta: per funzionare deve avere un valore. Cioè una garanzia che tutto il debito verrà ripagato.

Senza questa garanzia, il denaro vale quanto la carta su cui è stampato.

Ve la siete cercata.

violenza_5In Calabria una tredicenne viene violentata per 3 anni da almeno 7 adulti. Ma l’intero paese difende gli stupratori, perché lei è una “che non sta al suo posto”, se l’è andata a cercare.

A Parma una donna viene picchiata ed uccisa dal compagno, un tunisino. Ovviamente se l’è cercata, mettendosi con un immigrato.

A Roma, di nuovo una sedicenne vestita con abiti succinti viene violentata da un 31enne, stavolta italiano e militare. Ma vestita in quel modo è stata lei a provocare. Se l’è cercata.

A Napoli una ragazza di 31 anni si suicida dopo che la sua vita è stata rovinata dalla pubblicazione di video “hard” girati dall’amante. Insultata in rete, additata da tutto il paese, emarginata, ha deciso di farla finita. Ma se l’è cercata perché si è fatta filmare.

Cosa dovrebbe fare una vittima per non “andarsela a cercare”?
Se mette i jeans e subisce violenze non è stupro perché lo stupratore non può averglieli tolti senza aiuto.
Se mette una gonna e subisce violenze non è stupro perché è stata lei a provocare.
Se dorme nuda e subisce violenze non è stupro perché lui non l’ha fatto apposta.
Se si ubriaca e subisce violenze non è stupro perché non ha opposto resistenza.
Se è svenuta e subisce violenze non è stupro perché non se n’è neanche accorta.

Non voglio entrare nel merito delle singole affermazioni perché sarebbe troppo facile. Vorrei andare un passo oltre, come sono solito fare in questo blog. Vorrei capire perché a tanta gente viene più facile solidarizzare con gli stupratori anziché con la vittima.

Non sono uno psicologo, ma dai commenti che ho letto due cose sono abbastanza chiare.
La prima, è che molti uomini giustificano gli stupratori perché almeno una volta anche loro hanno sognato di stuprare una donna. E gli è piaciuto.
La seconda, è che molte donne giustificano gli stupratori perché a loro gli uomini non se le filano proprio, e quindi la vedono come una specie di giustizia divina.
Poi ci sono quelli che sono semplicemente troppo stupidi ed insensibili per capire cosa sia uno stupro, o cosa provi una donna stuprata (anche se in stato di semi incoscienza). Non hanno il senso della misura, per loro una mano sul culo non è un’invasione della sfera più privata ma solo un gioco. Non sanno mettersi nei panni delle donne che molestano, a meno che non abbiano a che fare con un gay. In quel caso sono terrorizzati dal fatto che un maschio li possa trattare come loro trattano abitualmente le femmine.

Sono persone che hanno perso il treno dell’evoluzione, che sono rimasti alla legge della giungla, in cui è sempre la preda che deve stare attenta o merita di finire tra le grinfie di chiunque si trovi più in alto nella catena alimentare sessuale.
Ed è questa la cosa che mi preoccupa, non la giustificazione di un atto che non ha giustificazioni, ma la mentalità secondo cui quell’atto è naturale, perché anche loro ci hanno pensato, almeno una volta.

Mi preoccupa perché significa che al mondo c’è un esercito di stupratori che si trattengono solo perché la legge glielo vieta. 

Binario unico, responsabilità doppia.

Puglia, scontro fra teni tra Andria e Corato

1 binario, 2 treni, 27 morti, 50 feriti, pochi colpevoli, tanti responsabili.

C’è una grossa differenza tra il concetto di “colpa” e il concetto di “responsabilità“.
I bambini conoscono solo la colpa, ma diventando adulti dovremmo imparare anche cosa siano le responsabilità.

La tragedia ferroviaria avvenuta in Puglia è stata quasi certamente “colpa” di un errore umano. Un segnale non rispettato, una comunicazione sbagliata. Ma se in quella tratta ci fossero stati i sistemi di controllo automatici, non sarebbe successo nulla comunque. Invece in quella tratta i sistemi di sicurezza non c’erano. Sui treni sì, ma sui binari no, perché troppo vecchi.
Eppure sono obbligatori su tutta la rete ferroviaria controllata da Trenitalia. Ma quella ferrovia in particolare, come moltissime altre del resto, è data in concessione. E per i tratti in concessione c’è una deroga del Ministero dei Trasporti.
Prima responsabilità.

La linea Bari-Barletta, comunque, era già state in parte rimodernata. In molti tratti quei controlli automatici erano in funzione, in molti tratti il binario era stato raddoppiato. Entro il 2015 avrebbe dovuto essere raddoppiata interamente. Ma ci sono stati dei ritardi, e ancora non avevano nemmeno assegnato gli appalti per i lavori nel segmento tra Andria e Corato. Quella dell’incidente.
Seconda responsabilità.

Ora, io non voglio fare lo sciacallo né spostare i riflettori dal dolore delle famiglie. Ma proprio perché tante famiglie ora piangono i loro morti, e queste morti potevano essere evitate, volevo solo fare un po’ di chiarezza sulla questione.

Andava tutto bene.

Andava tutto bene.

La vedevo sorridente, sembrava felice. Piena di progetti, di sogni. Carica di motivazioni. Ma era un’illusione.
E quando un’illusione crolla, non importa quanto non fosse reale. Il dolore che segue ti riporta con forza alla realtà. Ma ancora non sapevo quale fosse, la realtà.

Ingenuo credevo che mi amasse, ingenuo credevo che stesse davvero male per le medicine, e che non volesse ferirmi. Ingenuo credevo che davvero fosse colpa mia, che non fossi abbastanza stabile e solido da reggere quell’impatto emotivo.
Ingenuo credevo che quell’ignorarmi su Twitter fosse per evitare di farmi soffrire. Ingenuo credevo che provasse ancora qualcosa per me.

Ma l’ingenuità non è così cieca. L’ingenuità non dura per sempre.
E arriva il giorno in cui il mondo inizia a crollarmi addosso. Conversazioni, fotografie scattate ad Urbino, allusioni, dichiarazioni che non potevano essere indirizzate a me. Coincidenze di orari. Di date. Mi si riversa addosso una ricerca non richiesta, degna di un investigatore privato.
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Quel weekend di fine ottobre non era rimasta a casa a studiare, ma era con qualcuno. Qualcuno di sposato, di cui non conoscevo il viso e il cui nome avevo visto di sfuggita nel mare di Twitter. Qualcuno che aveva incontrato poco prima di lasciarmi, mentre io rimanevo ad attenderla in chat per ore, qualcuno che con quell’incontro l’aveva cambiata per sempre.

Ma le prove non sono sufficienti per farla confessare. Anzi, se ne fa beffe, come se fossero solo coincidenze. Inscena una tragedia da Oscar sul diritto alla privacy. E poi, il blocco totale. Non la posso più leggere ma soprattutto non le posso più scrivere. Separato da un muro, mi ritiro sconfitto. Ma è solo questione di tempo prima che mi arrivino nuove voci, nuovi messaggi.
Accuse lanciate come frecce infuocate verso di me, al di là del muro oltre cui non posso rispondere. Accuse di essere privo di empatia, accuse di non aver rispettato le sue decisioni, accuse di non aver accettato i suoi cambiamenti.
Ma quali cambiamenti?
I cambiamenti d’umore o d’amore? Sempre più corroso dai dubbi, sguinzaglio di nuovo il segugio, e di nuovo mi arrivano valanghe di indizi, strane coincidenze, combinazioni di orari. Sempre con lui. Sempre con quell’uomo dal volto nascosto.

E non solo: scopro che l’aveva aggiunto su Twitter mesi fa, prima lui e poi tutta la sua cerchia di amici… tranne la moglie. Come per circondario e metterlo in trappola. E scopro che già ad inizio settembre flirtava con lui. Fingendo che io non esistessi, si dichiarava una Penelope alla ricerca di qualcosa di impossibile.
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Scopro che hanno scattato la stessa foto allo stesso panorama di Urbino, da un punto che conoscevo vicino a casa di lei. Un punto che solo lei poteva mostrargli. Prima lui, e 3 settimane dopo lei. Con la didascalia “Come Back”.
Scopro che lei sogna un uomo elegante, con le vene delle mani che spuntano dai polsini della camicia, dalle cui labbra ha assaggiato il caffè che non poteva bere dalle mie. Che la ispira a scrivere e a fotografare. Con fili argentati tra i capelli. Che le fa venire l’acquolina in bocca. Amante del bondage. Non potevo essere io, quello. Quindi, chi altri?
Scopro che tutto il nostro passato è farcito di bugie. Che tutte le sue accuse servivano a coprire le sue colpe. Che tutte le scuse servivano ad allontanarmi da lei per non scoprire la verità.

Capisco perché passava tutto quel tempo al telefono, anche quando stavamo insieme. Capisco perché era così impegnata quella sera da non farmi gli auguri di compleanno, finché non sono stato io a farglielo notare. Capisco perché il suo biglietto di auguri sembrava più un addio.
Capisco che la sofferenza per cui mi aveva lasciato era in realtà senso di colpa. O almeno lo spero, perché l’alternativa è ancora più dolorosa. Scopro che anche prima di lasciarmi fingeva che non esistessi, ostentando una vita da single su Twitter mentre passava le giornate a scrivermi su Telegram e i weekend a fingere di amarmi. Scopro che mi leggeva anche mentre ero bloccato, nonostante dichiarasse il contrario. Scopro che ha avuto una paura fottuta quando ho aggiunto la moglie di lui su Twitter e ho iniziato a parlare della mia storia con una sua amica.
Scopro che mentre mi accusava di non darle libertà, si sentiva libera di flirtare con un uomo sposato. Scopro che mentre mi accusava di non preoccuparmi dei suoi sentimenti, lei ignorava i miei, cacciandomi dalla sua vita senza spiegazioni e senza rimorsi. Scopro che mentre mi accusava di invadere la sua privacy, lei invadeva la mia seminando accuse nei miei confronti. Scopro un sacco di cose, o almeno le intuisco.
Scopro tutto questo e capisco con che persona avevo a che fare. Scopro tutto questo, e i pezzi del puzzle si ricompongono mentre quelli del mio cuore si fanno sempre di più e sempre più piccoli. Scopro che non ci si può fidare nemmeno delle più grandi certezze. Scopro che non importa quanto ami una persona, quanto fai per lei, quanto tempo le dedichi. Non importa se la fai sentire felice come non era mai stata prima. Prima o poi si stancherà di te, e cercherà un giocattolo nuovo. Scopro che non importa quanto rispetti le sue scelte, le sue decisioni, la sua libertà, le sue idee. Quando sarà il momento non avrà per te né rispetto né sincerità.

E mentre metto insieme le mie scoperte, mi telefona. Sento la sua voce per la prima volta dopo più di 3 mesi. Nemmeno per lasciarmi si era presa il disturbo di telefonare, le era bastato un messaggio su Telegram. Ma per dirmi che è stata lei a cercarlo e non devo coinvolgere gente sposata, sì. Alza la cornetta e mi chiama. E non una volta sola. Dice che è colpa sua, che devo lasciarlo stare. Di nuovo mi accusa di esagerare, di modificare la realtà. Che quel weekend in cui sono spariti e ricomparsi insieme più volte, a distanza di pochi minuti, con lui di ritorno sull’autostrada da Pesaro a Bologna la domenica sera, lei era dai genitori. Che lui non era in Abruzzo, vicino a lei, per le feste di Natale. Ma non una parola per spiegare le altre incongruenze. Solo il giuramento che sta male, e non può avere relazioni con uno sposato nelle sue condizioni. Ma non mi interessa, io volevo solo sapere la verità su di me. Spero per lei che sia così. Se invece non è così, qualcuno forse dovrà prendersi le sue responsabilità.

Ora la faccenda per me è chiusa. Lei ha scelto di rendere privato il profilo e di dirmi addio. E così io rendo pubblica la mia storia, dal mio punto di vista.
Almeno per quello che ne so.

Basta con il buonismo

Si vis pacem...

Si vis pacem…

Basta con il buonismo verso i razzisti. Andrebbero bloccati sul nascere, non lasciati liberi di guidare giornali o partiti politici.

Basta con il buonismo verso gli intolleranti, di qualunque religione o etnia e contro qualunque religione o etnia. Tutti gli uomini sono diversi, e la diversità è una ricchezza. Lo si dice di qualunque cosa: che è “ricca” quando ci sono tante cose diverse.

Basta con il buonismo verso i violenti. Ma qualunque tipo di violenza, dai terroristi ai bombardamenti. La violenza crea paura e odio, fino a travolgere la parte razionale dell’uomo e trasformarlo in un kamikaze.

Basta con il buonismo verso gli ignoranti. Verso chi parla ripetendo cose sentite in giro, senza informarsi, verso chi “poverino non ha potuto studiare”. Perché c’è libertà di opinione ma non di giudizio. Non potete giudicare senza sapere di cosa parlate e non potete capire le conseguenze delle vostre azioni finché non sapete come funzionano le cose. Se non sapete, abbiate semplicemente l’umiltà di tacere.

Basta con il buonismo verso i menefreghisti. Quelli che non gli importa niente di come vada il mondo, basta che stiano a galla. Che non alzerebbero un dito per te, ma che si aspettano che il mondo lo faccia per loro, come se i diritti civili non li avessimo conquistati con il sangue, e non andassero difesi.

Basta con il buonismo verso gli ipocriti. Quelli per cui valgono sempre due pesi e due misure. Perché è vero che ogni realtà è differente, ma esistono principi oggettivi che devono valere per tutti o per nessuno. E non ha senso nemmeno il principio per cui uno sbaglio annulla l’altro: in statistica come nella vita, gli errori si sommano, non si eliminano a vicenda.

E infine basta con il buonismo verso i buonisti. La democrazia e la libertà dipendono dalle regole. Non è paradossale, è naturale: in un mondo senza regole vince il più forte. E queste regole vanno rispettate. Perché gli strappi si allargano, e quando fai uno strappo alle regole non sai mai quali ingiustizie porterà.

I nuovi mostri e i vecchi eroi.

Marcello Dell'Utri7 luglio 1974Vittorio Mangano viene assunto come stalliere alla villa di Arcore, dopo che Marcello Dell’Utri lo presenta a Berlusconi. Ha già precedenti per truffa, assegni a vuoto, ricettazione, lesioni volontarie, tentata estorsione.

1976Mangano viene allontanato da Arcore; Berlusconi si trasferisce con la famiglia prima in Svizzera e poi in Spagna.

28 novembre 1986 – Esplode una bomba nella villa di Berlusconi in via Rovani. Silvio telefona a Dell’Utri accusando Mangano, che in realtà si trovava in carcere.

12 marzo 1992 – Omicidio di Salvo Lima, politico DC sospettato di rapporti con mafiosi. Il primo politico di spicco ucciso dalla mafia.

23 maggio 1992Strage di Capaci. Muoiono Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i 3 agenti della scorta.

19 luglio 1992Strage di via d’Amelio. Muoiono Paolo Borsellino e 5 agenti della scorta per un’autobomba. Il Comune di Palermo non aveva dato il permesso di rimuovere i veicoli parcheggiati davanti alla casa della madre di Borsellino, anche se si sapeva che un carico di esplosivi era arrivato a Palermo per essere usato contro il magistrato.

14 maggio 1993 – Fallito (forse volutamente) attentato a Maurizio Costanzo. Il giorno dopo viene revocato il regime 41bis di “carcere duro” a 140 detenuti mafiosi.

27 maggio 1993Strage di via dei Georgofili, a Firenze. 5 vittime.

27 luglio 1993Strage di via Palestro, a Milano. 5 vittime.

4 e 6 novembre 1993 – Il Ministro di Grazia e Giustizia Giovanni Conso non proroga il regime 41bis ad altri 140 detenuti. Concludendo così la presunta trattativa tra Stato e Mafia, che mirava a fermare le uccisioni eccellenti (e spostare dapprima l’obiettivo sui civili, fino a fermare del tutto gli attentati).

19 gennaio 1994 – Nasce Forza Italia. Tra i fondatori, assieme a Silvio Berlusconi, anche Marcello Dell’Utri.

20 marzo 1994Silvio Berlusconi, in un’intervista al Corriere della Sera, sostiene che “rapporti con la mafia ne ho avuti una volta soltanto, vent’anni fa, quando tentarono di rapire mio figlio Piersilvio, che allora aveva 5 anni: portai la mia famiglia in Spagna, e vissero lì molti mesi” e, in riferimento specifico a Mangano, aggiunse che “è lo stesso uomo che licenziammo non appena scoprimmo che si stava adoperando per organizzare il rapimento di un mio ospite, il principe di Santagata. E fu poco dopo che venne scoperto anche il tentativo di rapire mio figlio“.

1999Marcello Dell’Utri patteggia 2 anni e 3 mesi di reclusione per frode fiscale e false fatture.

19 luglio 2000Mangano viene condannato in primo grado all’ergastolo per duplice omicidio. Pochi giorni dopo muore di tumore mentre è agli arresti domiciliari per traffico di stupefacenti ed estorsione.

11 dicembre 2004Marcello Dell’Utri viene condannato in primo grado a 9 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.

25 luglio 2005 – “Riforma Castelli” proposta dal Governo Berlusconi, che taglia fuori Gian Carlo Caselli (favorito per la nomina) dalla corsa come Procuratore Nazionale Antimafia

11 ottobre 2005 – Pietro Grasso viene nominato Procuratore Nazionale Antimafia, subentrando a Pier Luigi Vigna che lascia nel 2005 per sopraggiunti limiti di età.

8 Febbraio 2007Letizia Moratti, sindaco di Milano del centrodestra, nomina Marcello Dell’Utri direttore artistico del Teatro Lirico.

21 giugno 2007 – La Corte Costituzionale boccia come anticostituzionale la norma che aveva bloccato la candidatura di Caselli per la Procura Nazionale Antimafia.

8 aprile 2008Marcello Dell’Utri definisce Vittorio ManganoA suo modo un eroe“. Il giorno seguente, Silvio Berlusconi conferma: “Su Vittorio Mangano ha detto bene Dell’Utri: quando era in carcere ed era malato, i PM gli dicevano che se avesse detto qualcosa su Berlusconi sarebbe andato a casa e lui eroicamente non inventò mai nulla su di me, i pm lo lasciarono andare a casa solo il giorno prima della sua morte. Mangano era una persona che con noi si è comportata benissimo, stava con noi e accompagnava anche i miei figli a scuola. Poi ha avuto delle disavventure che lo hanno portato nelle mani di una organizzazione criminale, ma non mi risulta che ci siano sentenze definitive nei suoi confronti. Poi quando era in carcere fu aggredito da un male che lo fece gonfiare in maniera spropositata. Quindi bene dice Dell’Utri nel considerare eroico un comportamento di questo genere“. 

10 febbraio 2010Dell’Utri, in un’intervista, afferma di usare la politica per potersi difendere dai suoi guai giudiziari. Ribadisce inoltre che non si dimetterebbe nemmeno a seguito di una condanna in appello.

26 maggio 2010Pietro Grasso, sulle bombe del ’92 e ’93, sostiene che “Cosa nostra, attraverso queste azioni criminali ha inteso agevolare l’avvento di nuove realtà politiche che potessero poi esaudire le sue richieste“. Il senatore Gaetano Quagliariello (PdL), il giorno dopo, ha commentato giudicando quelle di Grassoricostruzioni e scenari suscettibili di interpretazioni irricevibili di cui stupirsi sarebbe ingenuo e, con tutto il rispetto, anche un po’ ipocrita“: infatti da tempo il “pentitismo che dagli ’90 ai nostri giorni, e in particolare sulla via d’Amelio, ha alimentato i teoremi (…) mediatico-politici-giudiziari già ampiamente abusati“.

5 ottobre 2011 – Condannato all’ergastolo Brancaccio Tagliavia per la strage di Via dei Georgofili, a Firenze. Nelle motivazioni della sentenza, pubblicate il marzo successivo, si legge che “Una trattativa indubbiamente ci fu e venne, quantomeno inizialmente, impostata su un do ut des. L’iniziativa fu assunta da rappresentanti delle istituzioni e non dagli uomini di mafia“.

12 maggio 2012Pietro Grasso dichiara: “Darei un premio speciale a Silvio Berlusconi e al suo governo per la lotta alla mafia”, aggiungendo “Un magistrato non deve far conoscere le sue perferenze politiche” e, parlando di Ingroia: “Fa politica utilizzando la sua funzione: è sbagliato.

17 luglio 2012 – Il procuratore di Palermo Francesco Messineo, interrogato alla Camera, afferma che la trattativa tra lo Stato e la mafia “c’è stata ed è stata reale“. 

24 luglio 2012 – la procura di Palermo chiede il rinvio a giudizio per 12 persone, tra cui Marcello Dell’Utri, accusato di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato a proposito della trattativa tra Stato e mafia. Richiesta poi accolta il 10 gennaio 2013

27 dicembre 2012Pietro Grasso presenta richiesta di aspettativa per motivi elettorali al CSM. Il giorno successivo dichiara che intende candidarsi nelle liste del Partito Democratico. 

8 gennaio 2013 – La direzione nazionale del PD candida Pietro Grasso al Senato della Repubblica Italiana come capolista della lista PD nella regione Lazio, dove verrà eletto. 

19 gennaio 2013Marcello Dell’Utri, già tagliato dalla lista dei candidati del PdL in quanto considerato “impresentabile“, dichiara di volersi ritirare dalla scena politica in vista delle nuove Elezioni politiche di febbraio. Infatti se fosse condannato per mafia a Palermo, lo “scudo” parlamentare non gli eviterebbe comunque il carcere. Pietro Grasso

16 marzo 2013Pietro Grasso viene eletto, al ballottaggio, Presidente del Senato con 137 voti, contro i 117 di Renato Schifani (PdL). 

25 marzo 2013 – La Corte d’Appello condanna Marcello Dell’Utri a 7 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa.

Mediare in medio oriente

L'evoluzione di Israele e Palestina

L’evoluzione di Israele e Palestina

Siamo alle solite… bombe, missili, razzi, morti, guerra. Questo è più o meno il sentimento comune quando si pensa ad Israele. “Sempre la solita storia“.
Ed ecco che bombe, missili, razzi, diventano numeri. E anche i morti, diventano numeri. Dimenticando che fino a ieri, quelle erano persone vive, avevano un futuro. Ora sono il passato. 

Sono 164 i morti tra le fila palestinesi, 6 in quelle israeliane. Il che suona un po’ strano, dato che i più superficiali sostengono che Hamas attaccava e Israele difendeva. Quindi o sono bravissimi nel contropiede, oppure non è proprio così che stanno le cose.

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Più PIL per tutti

Bob Kennedy

Robert Kennedy

«Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow Jones né i successi del Paese sulla base del Prodotto Interno Lordo. Il PIL comprende l’inquinamento dell’aria, la pubblicità delle sigarette, le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine del fine settimana… Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione e della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia e la solidità dei valori familiari. Non tiene conto della giustizia dei nostri tribunali, né dell’equità dei rapporti fra noi. Non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio né la nostra saggezza né la nostra conoscenza né la nostra compassione. Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta»

Questo pensiero moderno e rivoluzionario risale in realtà al 1968: si tratta della traduzione di un discorso di Bob Kennedy (fratello del più celebre JFK, del quale condivise la fine: assassinato anch’egli, solo pochi mesi dopo averlo pronunciato) alla Kansas University. Continua a leggere

Mr. B. e la corruzione differita

E' lui o non è lui Mr. B. ?

E' lui o non è lui Mr. B. ?

L’avvocato Donald David Mackenzie Mills, britannico, marito dell’ex ministro della cultura (in carica ai tempi in cui faccio riferimento, poi costretta alle dimissioni) del governo Blair dal 2001 al 2007, è diventato un personaggio molto popolare anche nel nostro Paese a partire dalla fine del 2005, quando vennero rese pubbliche le indagini relative alla sua presunta corruzione quale testimone chiave in due processi a carico del Premier. Nel febbraio del 1998, infatti, pare che Berlusconi abbia pagato almeno 600mila dollari a Mills, tramite il manager (ora defunto) Carlo Bernasconi, in cambio di una testimonianza già resa e una ancora da fornire, che egli stesso definisce quantomeno reticenti e piene di omissioni. La prima risalente al ’97 nell’ambito di un processo per le tangenti Fininvest alla Guardia di Finanza e ad un finanziamento di 10 miliardi di lire dalla società All Iberian (proprietà di Berlusconi) a Bettino Craxi; la seconda al processo All Iberian, in relazione al metodo che pare avesse Fininvest per gonfiare i diritti televisivi attraverso passaggi di proprietà tra società dello stesso proprietario a prezzi sempre maggiori, in modo da frodare il fisco (reato per cui è in corso un altro processo, sempre a carico del nostro Presidente del Consiglio).

Quando il fisco inglese scoprì che Mills non aveva mai pagato le tasse su quei 600mila dollari, e gliene chiese la provenienza, lui scrisse una lettera al suo commercialista, spiegandogli a grandi linee la situazione e chiedendogli lumi sul da farsi. Ma ahimè in Inghilterra la frode fiscale viene trattata in un modo che a noi potrebbe sembrare paradossale: infatti è lo stesso commercialista a denunciare Mills al National Criminal Intelligence Service (NCIS, ma non quello dei telefilm: è l’antiriciclaggio britannico). A questo punto anche la procura di Milano viene a sapere Continua a leggere